Copertina Baccarat

BACCARAT, il mio nuovo romanzo

Una nuova avventura con PuntoaCapo Editrice di Pasturana sta per cominciare. Dal 23 ottobre troverete disponibile sul sito della casa editrice e presto in libreria il mio nuovo romanzo.

Al momento non sono pronta a parlarne nel dettaglio. Lascio che siano l’incipit del romanzo e la citazione scelta in apertura a parlare per me. Sperando che riusciate a coglierne le atmosfere e che iniziate a conoscere Caterina.

E poi, presto, nuove citazioni e qualche parola in più, nell’attesa che tutti possiate leggerlo.

Mi sarebbe piaciuto entrare lì dentro una mattina e vederli tutti quanti, compresi gli Elbert e i loro figli, sdraiati a terra e in lacrime, a morire di una morte atroce. Allora mi sarei servita da sola calpestando i corpi, pensai, prendendo quello che mi pareva dagli scaffali, e poi me ne sarei tornata a casa, ma forse prima di uscire avrei mollato un calcio a Mrs. Donell. Non mi sentivo in colpa nemmeno un po’, ad avere di questi pensieri; speravo solo che si avverassero. «È sbagliato odiarli» diceva Constance «ti rende solo più debole», ma io li odiavo lo stesso, e mi domandavo perché mai fossero stati creati.

(Shirley Jackson, Abbiamo sempre vissuto nel castello)

Era una sera di inizio settembre, quando Caterina si accorse all’improvviso che le giornate si stavano accorciando. Lo sapeva già, il 21 giugno di ogni anno la madre le ripeteva che la promessa dell’estate è solo una menzogna, che la vera luce, il vero calore lo porta la primavera e non quella gran chiassosa dell’estate che promette e promette ma alla fine ti toglie. All’inizio non te ne accorgi, sono pochi minuti di luce alla volta, ma è una costante, una sottrazione leggera ogni singolo giorno fin dall’inizio, e tu non ci fai caso, finché non ti ritrovi a settembre e guardi fuori dalla finestra, dopo cena, ed è già buio. Non succede all’improvviso come potresti pensare, non è l’autunno in agguato con la nebbia e il vento freddo a mettere fine alla meravigliosa luce, ma è stata l’estate che te l’ha rubata giorno dopo giorno. Chiassosa e all’apparenza amichevole, infingarda e ingannevole dentro.

Dai luoghi confortevoli, dalle persone che sembrano degne di fiducia arrivano spesso le più grandi delusioni, e il tradimento non è mai improvviso, è spesso annunciato da segnali precisi a cui dovremmo prestare attenzione e che invece tendiamo a ignorare per comodità, per l’egoismo di voler continuare a vivere come abbiamo sempre vissuto, senza renderci conto che è la nostra vita che distruggiamo, non quella degli altri.

Caterina, in piedi, immobile da diversi minuti, lo sguardo fisso all’orizzonte oltre il porticato, inspirava a fondo cercando di sentire l’odore umido di quell’aria; la sua era una concentrazione profonda, simile alla meditazione e nessun rumore l’aveva distratta fino a quel momento; all’improvviso però si rese conto che il silenzio che proveniva da dentro casa era la nota stonata.

Aveva lasciato la madre intenta a tagliare l’ultima verdura dell’orto per fare un gustoso minestrone, ma l’acqua aveva smesso di scorrere e anche il battere ritmico del coltello era cessato. All’interno della cucina la luce non era stata ancora accesa ma ce ne sarebbe stato bisogno. Da quanto tempo sua madre aveva smesso di preparare la cena? Dov’era in quel momento? Non avrebbe saputo dirlo, i suoi pensieri avevano vagato a lungo, tra le querce e gli aceri che iniziavano a perdere le loro foglie, tra la terra smossa dell’orto quasi a riposo e pronto per la semina invernale.

L’autunno, come un uomo schivo e scorbutico, stava arrivando con i suoi modi bruschi, e bisognava farci i conti, presto. Dentro di sé Caterina vedeva la luce allontanarsi e con serena rassegnazione si apprestava a lasciarsi rapire: attendeva la nebbia, sperava che fosse un anno generoso in quel senso.

Entrò in cucina, fece vagare lo sguardo tra il tagliere su cui colava il succo dei pomodori, il coltello posato a fianco e altra verdura ancora nell’acquaio che attendeva il suo turno. L’acqua sporca di rosso e la lama a fianco le diedero un brivido. Dovette chiudere gli occhi un momento, strizzarli forte e concentrarsi su quello che doveva fare per trovare il coraggio; si diresse quindi verso il bagno in fondo al corridoio, dove sapeva di trovarla. Era di fronte alla porta chiusa infatti.

– Mamma? – chiamò, ma non ottenne risposta. Le posò allora una mano sulla spalla, sperando fosse sufficiente, ma non vedendo reazione, strinse con le dita applicando una discreta pressione, ma attenta a non farle male. – Mamma? –

Finalmente Lia si voltò e Caterina ebbe gli occhi nei suoi.

– Ho fame – le disse, cogliendo un istinto naturale in lei.

– Oh. Certo, tesoro. Metto su la minestra. – E asciugandosi le mani nel grembiule legato in vita, si diresse verso la cucina. Come se fosse stata solo una pausa. Una normale pausa.

Ecco la prima intervista per “Baccarat”, uscita ieri su Panorama di Novi a firma di Giovanni Guido.

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